FAVOLE

FAVOLE

giovedì 21 maggio 2020

L'ANGELO DELLA PROVVIDENZA

L’ANGELO DELLA PROVVIDENZA


Un angelo discese sulla terra, nel silenzio dell’alba.
Sempre egli scendeva, per fare qualche cosa di buono sulla terra.


Una volta portava il sonno a un malato, un’altra volta riportava all’ovile la pecorella che era stata rubata.


Ora l’angelo passò per un sentiero deserto e si chinò a un tratto su una piccola cosa lucente. Non era un chicco d’oro: era solo un chicco di frumento. 


L’angelo lo raccolse, e lo tenne accuratamente chiuso nella mano. Camminò un poco, e andò in un luogo solitario dove crescevano erbacce, e mise il chicco di frumento nella terra smossa.


Il sole apparve all’orizzonte. L’angelo che risaliva in cielo pareva una bianca nuvola portata dal vento. 


Era beato. Anche quel giorno aveva fatto qualche cosa di buono sulla terra.





Il chicco di frumento, chiuso nella terra umida di rugiada, era un chicco vivo, felice di diventare una pianticella.
La pianticella, sottile come un ago, dritta e verde, bucò la terra, crebbe nel sole.


Ebbe molte foglie sottili lungo il delicato stelo, diede il suo miracoloso fiore, la spiga.
Il sole di giugno fece diventare d’oro la pianticella.


L’uomo solitario che abitava  la capanna, tolse i chicchi
biondi  dalla spiga;  poi strappò  altre erbacce  intorno alla  capanna,   e nella  terra  smossa  lasciò cadere i chicchi della spiga.


Nacquero tante pianticelle, tanti piccoli aghi verdi bucarono la terra in primavera. Una larga zolla di terra diede molte spighe di frumento.


L’uomo seminò in autunno i chicchi di tutte le spighe e l’anno dopo vi fu davanti alla capanna una grande aiuola di frumento.


L’uomo seminò ancora, ebbe la farina per il pane: dovette strappare tutte le erbacce intorno alla capanna.


Dopo qualche tempo, la capanna parve quasi sparire in un vasto campo di frumento.



L’uomo donò frumento a chi gli venne a chiedere la carità.



CAMPO DI GRANO



domenica 10 maggio 2020

PERCHE' LO FA?



PERCHE' LO FA?


Una povera mamma, con quattro figli, non faceva che lavare, ripulire, preparare da mangiare.
Lavava il viso a quello di quattro anni, pettinava la bambina di sei, si sgolava dietro a quella di otto, rifasciava quello di quattro mesi.


- Disgraziata! - esclamò un giorno una vicina. - Io non farei quella vita neppure per mille euro al giorno!
- Ed io non lo farei neppure per un milione! - rispose la madre.
- E allora perché lo fate? - chiese l'altra.
- Per amore! - rispose la mamma.
NOTA: Le lire sono state cambiate in euro, visto che il racconto è precedente agli euro.





giovedì 30 aprile 2020

LA BOTTEGA DELLO STREGONE

LA BOTTEGA DELLO STREGONE




Era uno stambugio che non vedeva sole neanche d'estate, in fondo a una strada semideserta, dove l'erba cresceva tra i ciottoli.



Questa bottega non aveva mai portato fortuna a nessuno - raccontavano le comari del vicinato - anzi spesso aveva portato disgrazia e ciò, dicevano esse, a causa del proprietario, ch'era un famoso stregone, e Dio sa quali diavolerie aveva fatto lì dentro per il gusto di veder il suo prossimo andare in malora.

Questo proprietario era veramente uno strano uomo! stava di casa sopra la bottega, e il curioso era questo: che portava costantemente in capo un berrettone altissimo, metà rosso e metà nero, e mai non usciva sulla strada e tutte quante le faccende sue le sbrigava dalla finestra. 

- Poiché non esce è segno ch'egli è deforme - dicevano le comari - e poiché non si cava il berrettone è segno che al posto dei capelli porta delle serpi aggrovigliate!

Comunque sia, un giorno venne una donna, e chiamò: 

- Bartolomeo! 

Subito la finestra si aprì e l'uomo dal berrettone metà rosso e metà nero si affacciò. 

- Che volete voi? 
- Vorrei la vostra bottega, se però si conviene il prezzo...
- Prendere o lasciare,  disse l'uomo dal berrettone, - sono tre scudi al mese.
- Madonna mia! tre scudi è troppo! come volete che io faccia? Ho bisogno anch'io di campare!... Vi darò due scudi: va bene?

Bartolomeo stette un poco a pensare corrugando la fronte, così che si vedeva il berrettone andar su e giù, e finalmente rispose: 

- E vada per due scudi!

Prese un panierino  con attaccato un pezzo di spago, e lo calò nella strada. 

- Mettete qui dentro la vostra moneta e io vi darò la chiave. 

La donna pose la moneta nel panierino, e il panierino salì e ridiscese immediatamente con dentro la chiave. 

- E ora addio - disse Bartolomeo chiudendo la finestra.

Le comari allora sbucarono dai loro usci e circondarono la donna. 

- Povera voi. che cosa avete fatto! - dicevano in coro - Non sapete che questa bottega ha il malocchio? Quale disgrazia vi capiterà!  

La donna si strinse nelle spalle. 

- Purtroppo che lo so! Ma che volete? Io non posso spendere più di due scudi, e per soli due scudi non c'è che questo buco in tutto il paese. 

L'indomani mattina di buon ora la donna era già al suo posto. Aveva portato le sue ceste colme di frutta, le aveva collocate sui trespoli bene in mostra, e ora stava ad aspettar gli avventori. 


L'apertura di una nuova bottega è sempre una cosa interessante, non è vero? Di fatti, molti dei passanti gettavano un'occhiata, alcuni anche si fermavano a comperare; specialmente le fantesche, che non avevano voglia di far troppa strada; e i ragazzi, attirati da un magnifico mucchio di nespole del Giappone.

La sera comparvero le comari. 

- Ebbene? 

La fruttivendola per tutta risposta rovesciò sotto i loro occhi una cascata di soldi. 

- Capperi ! - esclamarono le comari. - Si vede che lo stregone con voi non ce ne può!

Così la bottega si avviava e la fruttivendola era contenta, e quasi cominciava a rider della storia del malocchio. Essa non aveva che una piccola spina: la solitudine ! Trovava che tutta la giornata in quel buco senza mai vedere la faccia del sole, né barattare due parole con anima viva era troppo lunga da far passare. Almeno venissero le comari: ma dopo vista la cascata dei soldi si erano dileguate e addio.

- Se continua di questo passo io morirò di malinconia! - disse tra sé la fruttivendola. - Perché dunque non darei una capatina nella piazza? Tutti sanno che ho nome Maddalena. Chiameranno ! 

E andò sulla piazza e ritrovò il sole, e care conoscenze a destra e a sinistra, e un pappagallo sulla porta di una osteria, che strillava sempre, e una fontana che mai smetteva di versare acqua. 

- Qui almeno si vive! - diceva la fruttivendola col cuore allargato. 

Ma gli avventori che porgevano il capo nella bottega, e non vedevano Maddalena al suo solito posto, non si curavano di chiamarla: tiravano via borbottando e non ritornavano più. 
Alla fine del mese la fruttivendola fece i suoi conti, e trovò che era in perdita di uno scudo esattamente. 

- Maledetta bottega! - sospirò - Doveva proprio capitare a me! 

Le comari che spiavano dai loro usci indovinarono ogni cosa. 

- Ebbene? Che cosa vi avevamo detto? E ora? Che cosa farete ora? 

Maddalena non rispose nulla, tanto era addolorata. Aspettò che la strada fosse vuota, e chiamò Bartolomeo. 

- La vostra bottega è qui - disse - Ve la lascio! 
- Padronissima - rispose Bartolomeo - Restituitemi soltanto la mia chiave. 

E calò il panierino.

Due giorni appresso capitò un uomo. 

- Bartolomeo! 

Immediatamente la finestra si aperse, e l'uomo dal berrettone metà rosso e metà nero comparve.

- Che volete voi? 
- Vorrei questa vostra bottega: se però si conviene del prezzo... cos'è dunque il vostro ristretto? 
- Il mio ristretto, per non far parole inutili, è due scudi al mese. 
- Due scudi per una botteguccia come questa che ha la jettatura per giunta ? 
- Jettatura o no. la bottega è lì. La volete? Pigliatela. Non la volete? Lasciatela! Amici siamo, amici restiamo. 

Il nuovo arrivato dovette proprio sborsare due scudi. Li mise dentro il panierino e ritirò la sua chiave.

Le comari allora sbucarono dai loro usci. 

- Ma come? Voi che sapevate ogni cosa?....

Il pover'uomo si strinse nelle spalle. 

- Che volete? io non posso spendere più di due scudi: e per due scudi al mese non c'è altro buco che questo: bisogna cascarci per forza!

L'indomani mattina i passanti si arrestarono stupefatti. Dentro la bottega si vedeva un banco di zinco con sopra un recipiente di ottone sfolgorante. 


- Sorbetti! sorbetti all'uso di Napoli! - gridava l'uomo con sul petto un grembiulone bianco. 

I ragazzi, allettati dalla novità, entravano in folla e buttavano  sul banco i loro quattrini. 
Il sorbettiere rideva sotto i baffi pensando alla storia della jettatura e serviva il suo pubblico con una grande sveltezza.

- Capperi - dissero le comari - si vede che lo stregone con voi non ce ne può! 

E spulezzarono via. 

Le cose andavano dunque bene: ma sarebbero andate meglio se il sorbettiere non avesse avuto un vizio : la gola. Era goloso dello zucchero: goloso alla follia. E lo mangiava a pugnelli. Mangia oggi, mangia domani, il sacco della provvista consumava a vista d'occhio. Che fare allora? Non restava che assottigliare la dose nella gelatiera. 

- I ragazzi hanno il palato grosso - pensava il sorbettiere, -  non si accorgeranno di nulla... 

Ma purtroppo non fu così! I ragazzi storsero la bocca, si toccarono l'un l'altro con la punta del gomito e disertarono in massa. 
Alla fine del mese il pover'uomo trovò che ci aveva rimesso un paio di scudi esattamente.

- Maledetta bottega! - esclamò - doveva proprio capitare a me!  
- Vi vorrete dunque ostinare?.....domandarono le comari. 

Il sorbettiere non rispose tanto era crucciato. Il giorno dopo venne con un carretto e caricò le sue robe. 

- La vostra chiave è qui: pigliatevela dunque! -  gridò al proprietario. 

E la gettò nel panierino come se gli scottasse le dita. 

- Ormai tutto il mondo sa che questa bottega ha la jettatura - dicevano le comari - nessuno la vorrà più a nessun prezzo. Resterà chiusa per cent'anni.

Invece un mattino, stando a spiar dietro i loro usci, udirono di nuovo chiamar Bartolomeo. e videro uno sconosciuto mettere nel panierino i due soldi e ritirar la chiave. 
Allora corsero a fargli cerchio intorno. 

- Disgraziato, che avete fatto! O che non sapevate?... Lo sconosciuto scrollò le spalle.
- Andatemi dunque voi a trovare una bottega che non costi più di due scudi, a questi chiari di luna! 

L'indomani mattina la bottega era aperta, e lo sconosciuto sulla soglia in maniche di camicia gridava:

- Scampoli! Scampoli belli! Tutta la stoffa di pura lana! Vedere per credere! 

Presto la bottega fu piena zeppa di gente che si muoveva a stento fra le stoffe di tutti i colori. 


Le comari stesse non seppero tenersi: entrarono, presero in mano le stoffe, le palparono, si persuasero ch'erano veramente belle e a buon mercato, e comprarono anch'esse. 

- Scampoli belli! Scampoli belli! - gridava il mercante. E rideva sotto i baffi, contento, pensando alla storia della jettatura.

La sera le comari si affacciarono. 

- Ebbene? 

Il mercante mostrò loro la ciotola colma, dove tra i soldoni, scintillavano monete d'argento. 

- Capperi! - dissero le comari - si vede che lo stregone con voi non ce ne può! 

E spulezzarono via. 
Gli affari andavano dunque a gonfie vele. 
Ma sarebbero andati meglio se il mercante non avesse avuto un difetto: la pigrizia! 
Era talmente pigro che la sera non si decideva mai a mettersi a letto per la fatica di doversi spogliare. Perciò si metteva a letto molto tardi, e il mattino non c'era verso che si potesse levare. Alle volte stava coricato fino a mezzodì.
Gli avventori che vedevano la bottega chiusa, dicevano : 

- Forse è morto ! e si dirigevano a un'altra parte. 

A poco a poco la bottega fu completamente abbandonata. 
Alla fine del mese il mercante fece i suoi conti, e trovò che ci rimetteva due scudi esattamente. 

- Maledetta bottega! - esclamò  Doveva proprio capitare a me! 
- Non vi avevamo forse avvertito? - gracchiarono le comari. 
- Lasciatemi stare! gridò il mercante furibondo - Ne ho abbastanza dei miei crucci! 

Aspettò l'ora del crepuscolo, sprangò l'uscio, e restituì la chiave alla sua volta. 

- Ormai tutto il mondo ha provato, - pensavano le comari - Lo stregone non acchiapperà più nessuno. Questa bottega resterà chiusa cent'anni. 

Invece, al terzo giorno, un giovinotto venne a piantarsi proprio lì davanti. 

- Bartolomeo ! 
- Che volete? gridò l'uomo dal berrettone. 
- Volevo questa vostra bottega: se però sì conviene del prezzo. Ditemi dunque cos'è il vostro ristretto? 
- Due scudi al mese è il mio ristretto. 
- La vostra bottega è screditata vecchio mio. Se me la date per uno scudo, la piglio: se no, ve la lascio. 
- E vada per uno scudo! - disse l'uomo dal berrettone - ve la do perché siete giovane e  voglio favorirvi. 
- Sta bene - disse il giovinotto - ma io intendo che si faccia carta per nove anni. 
- E vada per nove anni - disse l'uomo dal berrettone - montate su che firmeremo e intanto berremo un bicchiere. 

Il giovinotto infilò subito la scala, e mezz'ora dopo ridiscese fischierellando con la chiave in mano. 
Le comari gli si precipitarono addosso. 

- Disgraziato ! Cosa avete fatto! avete sottoscritto la vostra rovina! O che non sapete che quello è un famoso stregone e la sua bottega ha il malocchio? 
- Che stregone e malocchio d'Egitto! - disse il giovinotto - Io bado a fare il mio mestiere di ciabattino e buona notte. 
- O perché allora scegliere proprio questa bottega? -  domandò la più giovane delle comari. 
- Il perché ve lo spiego subito - rispose il ciabattino - Vedete quella finestrella lassù dirimpetto? Ebbene, proprio lassù ci sta la mia fidanzata... 

Le comari ammutolirono, e tornarono come di solito a nascondersi dietro i loro usci. 
Di là videro una bella fanciulla con le trecce bionde attraversare la strada: ma non intesero ciò che il ciabattino le disse all'orecchio. 
Il ciabattino disse alla fanciulla: 

- Tu mi devi fare un piacere. Domattina appena sei alzata metti il tuo specchio sul davanzale della tua finestra.

L'indomani mattina di buon ora lo specchio della fanciulla era sul davanzale della finestra. 
Un raggio di sole ci cadde sopra, si ripiegò e venne a battere dentro la bottega, proprio in cima al deschetto del ciabattino. 
La bottega ne fu tutta rischiarata. Le bullette luccicarono come oro. Il ciabattino lavorava e cantava. 





- Che miracolo è mai questo ? - mormoravano le comari trasecolate - La bottega non è più la stessa! 

E guardavano in su con la mano alle tempie, ma non discernevano nulla. 
Il sole le accecava. 
Il ciabattino lavorava e cantava, e rideva dalla mattina alla sera. 
Non lasciava la bottega un minuto.




Era così contento di lavorar con quel sole sul deschetto pensando alla sua fidanzata e al giorno che se la sarebbe sposata! 


E se la sposò presto, ma presto davvero, poiché la bottega fruttava meravigliosamente bene, e ogni nuovo mese più del precedente, assai più.



Il ciabattino si sposò la fanciulla dalle trecce bionde, e fu pienamente felice: ma le comari, ohimè, non ebbero più nulla da dire!

venerdì 27 marzo 2020

LA TEMPESTA

LA TEMPESTA 
(brano estratto dall'opera)


L’eremita Yusif El Fakhri viene interrogato sul perché ha  abbandonato il mondo.
Egli  così risponde:
«Avrei potuto venerare Dio continuando a vivere tra le Sue creature, perché la venerazione non richiede necessariamente la solitudine. 
Non ho lasciato la gente per vedere Dio, poiché L’ho sempre visto alla casa di mio padre e di mia madre.
Ho abbandonato la gente perché la loro natura contrastava con la mia, ed i loro sogni non corrispondevano ai miei. 
Ho lasciato gli uomini perché ho scoperto che la ruota della mia anima girava in una direzione e strideva aspramente contro le ruote di altre anime che giravano in direzione opposta. 
Ho lasciato la civiltà perché ho scoperto che è come un vecchio albero marcio, forte e terribile, le cui radici sono serrate nell’oscurità della terra e i cui rami si protendono al di là delle nuvole; ma i suoi fiori sono l’avidità, il male e il crimine, e i suoi frutti la sofferenza, la miseria e la paura. 
Chi ha cercato di infondere in essa il bene e di modificarne la natura non è riuscita nel suo intento. 
È morto deluso, perseguitato e tormentato».


Yusif si chinò verso il caminetto, come se attendesse di vedere che impressione avevano fatto le sue parole nel mio cuore.
Pensai fosse meglio limitarmi ad ascoltare, ed egli continuò:

«No, non ho cercato la solitudine per pregare e per vivere da eremita poiché la preghiera, che è il canto del cuore, giunge alle orecchie di Dio anche se confusa in mezzo alle grida e ai lamenti di migliaia di voci. Vivere da recluso vuol dire torturare il corpo e l’anima e mortificarne le inclinazioni, è un tipo di esistenza che mi ripugna, poiché Dio ha edificato i corpi come templi dello spirito, ed è nostro compito cercar di meritare e di conservare la fiducia che Dio ha riposto in noi.
No, fratello mio, non ho cercato la solitudine per motivi religiosi, ma unicamente per evitare le persone e le loro leggi, i loro insegnamenti e le loro tradizioni, le loro idee, il loro chiasso e i loro lamenti. 
Ho cercato la solitudine per non vedere i volti di uomini che si vendono e comprano allo stesso prezzo cose che sono spiritualmente e materialmente inferiori a loro.
Ho cercato la solitudine per non incontrare quelle donne che camminano con alterigia, con mille sorrisi sulle labbra, mentre in fondo ai loro mille cuori non c’è che un unico fine.
Ho cercato la solitudine per nascondermi dagli individui compiaciuti di sé che, nei loro sogni, vedono lo spettro della conoscenza e credono di aver raggiunto il loro scopo.
Sono fuggito dalla società per evitare coloro che, al loro risveglio, vedono soltanto il fantasma della verità, e gridano al mondo di aver acquisito totalmente l’essenza della verità stessa.
Ho abbandonato il mondo e ho cercato la solitudine perché mi sono stancato di rendere omaggio alle moltitudini che credono che l’umiltà sia una sorta di debolezza, e la compassione una specie di viltà, e lo snobismo una forma di forza.
Ho cercato la solitudine perché la mia anima non ne può più di avere rapporti con chi crede sinceramente che il sole, la luna e le stelle non sorgano se non nei loro scrigni e non tramontino se non nei loro giardini.
Sono scappato via da coloro che aspirano a cariche pubbliche, che danneggiano la sorte terrena della gente gettandogli polvere d’oro negli occhi e riempiendogli le orecchie con discorsi senza senso.
Mi sono allontanato dai sacerdoti che non vivono conformemente a ciò che dicono nei loro sermoni, e che pretendono dagli altri ciò che non chiedono a loro stessi.
Ho cercato la solitudine perché non ho mai ottenuto gentilezza da un essere umano senza pagarne l’intero prezzo col mio cuore.
Ho cercato la solitudine perché detesto quella grande e terribile istituzione che la gente chiama civiltà, quella simmetrica mostruosità innalzata sulla perpetua disgrazia delle razze umane.
Ho cercato la solitudine perché in essa lo spirito, il cuore e il corpo possono trovare pienezza di vita. 
Ho trovato le praterie sconfinate dove riposa la luce del sole, dove i fiori esalano il loro profumo nello spazio e dove i ruscelli cantano durante la loro corsa verso il mare. 
Ho scoperto le montagne su cui ho trovato il fresco risveglio della Primavera, la brama piena di colore dell’Estate, i profondi canti dell’Autunno e lo stupendo mistero dell’Inverno. 
Sono venuto in questo remoto angolo del dominio divino perché desideravo ardentemente di conoscere i segreti dell’Universo e avvicinarmi al trono di Dio».